ORDINE EQUESTRE del SANTO SEPOLCRO di GERUSALEMME
Luogotenenza per l'Italia Centrale


attività della Delegazione Locale di Roma San Marco

22 giugno 2024

L’ultimo incontro, prima della pausa estiva, della Delegazione Locale San Marco – unitamente alla Delegazione Roma San Matteo – si è svolto sabato 22 giugno presso l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata.
 
I Delegati di Roma San Marco, Grand’Ufficiale Marco Maria Frontoni, e di Roma San Matteo, Grand’Ufficiale Luca Federico Cadura, ed il Priore di Roma San Marco, Commendatore Monsignor Silvano Rossi, hanno accolto il Cancelliere della Luogotenenza dell’Italia Centrale, il Cerimoniere Ecclesiastico della Luogotenenza dell’Italia Centrale, il Preside della Sezione Lazio, il Segretario della Sezione Lazio, il Delegato Locale di Latina e numerosi Cavalieri e Dame, che insieme ad Aspiranti ed Amici, hanno voluto partecipare all’incontro condividendo alcune ore nella consueta atmosfera di serena fratellanza.
 
Dopo i ringraziamenti iniziali il Dottor Angelo Viticchiè, Responsabile museale del Complesso Abbaziale di San Nilo, ha dato inizio all’illustrazione della storia del sito.
 
Il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata, altrimenti noto come Abbazia di San Nilo, è l’ultimo dei numerosi monasteri bizantini diffusi nel Medioevo in tutta l’Italia meridionale ed a Roma, definito da Papa Leone XIII “una gemma orientale incastonata nella tiara pontificia”.
 
Fondata nel 1004 – cinquant’anni prima dello Scisma che condusse alla separazione delle Chiese d’Oriente e d’Occidente – l’Abbazia, fortemente voluta da San Nilo (910 ca – 1004) dopo l’apparizione della Vergine, è stata fatta erigere da San Bartolomeo sui terreni donati da Gregorio I dei Conti di Tuscolo al gruppo di monaci provenienti dalla Calabria bizantina guidati da San Nilo di Rossano ed è stata consacrata il 17 dicembre 1024, presumibilmente da Papa Giovanni XIX.
 
Edificata sulle preesistenze di una villa romana del I secolo a.C., il complesso abbaziale è stato, nel corso dei secoli, oggetto di una serie di ampliamenti ed importanti rivisitazioni dell’originario carattere medioevale tra i quali significativi sono gli affreschi della Cappella Farnese, eseguiti nel periodo 1608-1610, da un giovane Domenichino.
 
Entrando in Chiesa, sulla destra, si apre la vetus aedicola, conosciuta più comunemente come kryptaferrata, dalla quale prenderà il nome la cittadina di Grottaferrata. È costituita da un basso edificio in opus quadratum e di blocchi di peperino, già sepolcro di età repubblicana e dal V secolo d.C. adattato ad oratorio cristiano. 
Nella tradizione del Monastero, in questo luogo apparve ai Santi fondatori la Madre di Dio chiedendo che fosse fondato qui un Santuario a Lei dedicato.
 
All’interno della Chiesa trova collocazione una tipica icona bizantina dipinta su tavola dorata raffigurante la Vergine che sostiene il Bambin Gesù benedicente. L’origine dell’icona è verosimilmente da far risalire a una delle tante icone che i monaci greci dell’Italia meridionale riprodussero imitando quelle che in oriente la furia degli iconoclasti (VIII-IX sec.) aveva distrutto. Nel 1140 Tolomeo II, Conte di Tuscolo, depredò la Chiesa e una tradizione ben fondata indica che questa icona fu venerata per anni in una Chiesa di Tuscolo. Nel 1911 l’icona fu portata a Roma e nel 1230 è stata riconsegnata da Papa Gregorio IX ai monaci dell’Abbazia.
 
Al termine dell’illustrazione è stata presieduta dal Rev.mo Don Stefano Sivilla Clary la Santa Messa concelebrata da Monsignor Silvano Rossi.  Si riporta la sintesi dell’Omelia.

Monsignor Silvano Rossi, Priore della Delegazione, innanzitutto dà il benvenuto al Rev.mo Don Stefano Sivilla Clary augurandogli che, nel suo nuovo incarico di Cerimoniere Ecclesiastico della Luogotenenza per l’Italia Centrale, possa portare la bellezza della liturgia ma soprattutto tanta pace, tanta fede e tanta serenità con la sua presenza.

I due sacerdoti, poi, ringraziano tutti i partecipanti all’incontro presso la millenaria Abbazia di San Nilo, una casa del Signore in cui ancora oggi viene perseguita la fede in Dio, uno e trino, e la fede in Maria.

Monsignor Rossi ricorda che tra una settimana sarà la festa dei Santi Pietro e Paolo, i nostri protettori, coloro che hanno trasmesso il messaggio di Cristo. In particolare, come dice San Paolo, Cristo è nato per noi, è vissuto ed è morto perché diventassimo creature nuove. 

Monsignor Rossi passa poi al commento del Vangelo, un Vangelo pieno di amore, l’amore di Dio verso gli uomini e l’amore degli uomini verso Dio che, dopo il peccato originale, si trasforma in un lunghissimo periodo di attesa: fatto di gioie, di speranza, di tradimenti, soprattutto da parte del popolo. Dio non ha mai tradito il suo popolo. Dio non tradirà il suo popolo perché lo ama di un amore eterno. 

In questo sabato ricordiamo che Dio è fedele alle sue promesse. La parola di Dio è eterna, la parola di Dio non ha fine. E la parola di Dio si concretizza proprio nel momento stesso in cui l’angelo va da Maria e le annuncia che è arrivato il momento in cui Dio si è degnato di dare il Suo figlio. Ma Dio dimostra un atto meraviglioso, non dice a Maria tu diventerai, dice a Maria “se vuoi”, “se vuoi diventerai”. Dio è rispettoso in ogni istante della nostra vita, non ci impone mai le cose. 

Dio ci ha creato, e la vita è la cosa più bella che abbiamo, ma l’altra cosa bellissima che abbiamo è il libero discernimento, è la capacità di dire sì o di dire no. 

Come Dio dice il suo sì, Maria rispondendo al suo sì, si impegna fino in fondo ed inizia per lei una nuova vita che è quella di Madre del Salvatore, Madre di Dio. Ci vorranno circa trecento anni prima che questa definizione avvenga, ma alla fine il Concilio deciderà che Maria non è soltanto la Madre di Gesù, Maria è la Madre di Dio, la Theotokos. 

Ed è per questo impulso che Maria non può stare ferma, ed è per questo impulso che Maria ad un certo punto deve fare qualche cosa e si mette in cammino, un viaggio non facile in mezzo al deserto, ed arriva da sua cugina Elisabetta perché l’angelo le aveva detto che aspettava un bambino. 

E Maria canta a Dio il suo amore mettendosi al servizio di colei che ha bisogno e lo fa anche con ciascuno di noi nel momento in cui Le chiediamo aiuto.

Gesù la sera prima di morire ci lascerà un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Amate Dio sopra ogni cosa ed amate il prossimo come voi stessi, in questa sta tutta la legge e tutti i profeti.

Infine Monsignor Rossi ricorda i Santi del giorno, San Giovanni Fisher e San Tommaso Moro. Entrambi pieni di potere e di ricchezza hanno rinunciato a tutto ed hanno dato la loro vita per non tradire colui che aveva dato la sua vita per loro: Gesù Cristo nostro Signore.

Ora a voi le conclusioni, forse se si parlasse un po' di meno e si agisse un po' di più; se amassimo gli altri senza limiti, come il Padre ci chiede, nel mondo non ci sarebbero guerre e violenze, ma solo pace. 

 L’incontro si è concluso in un vicino storico ristorante dove, nel consolidato clima di particolare allegria, serenità ed amicizia, si è svolto l’incontro conviviale.

Sabato 27 gennaio 2024 si è svolto il primo incontro dell’anno della Delegazione Locale Roma San Marco – durante il quale è stato festeggiato il 45° Anniversario di Ordinazione Sacerdotale del Priore Monsignor Silvano Rossi – presso la meravigliosa Chiesa di Sant’Agnese in Agone dove, il 21 gennaio 1979, il nostro Priore celebrò la sua prima Santa Messa.


L’incontro organizzato dal Delegato, Grand’Ufficiale Marco Maria Frontoni in armonia con il Priore Commendatore Monsignor Silvano Rossi, ha visto la gradita presenza del Cerimoniere dell’Ordine, del Cancelliere della Luogotenenza per l’Italia Centrale, del Preside della Sezione Roma, del Parroco della Chiesa di San Salvatore in Lauro e di un considerevole numero di Cavalieri e Dame della Delegazione, che insieme ad Aspiranti ed Amici, hanno voluto trascorrere insieme alcune ore confermando un’atmosfera di sincera e serena fratellanza. 


La giornata è iniziata con l’intervento della Dottoressa Susanna Falabella che ha illustrato, con le sue preziose competenze e con la consueta raffinata proprietà di linguaggio, un nuovo percorso nella storia - della fede e dell’arte - dedicato alla Chiesa di Sant’Agnese in Agone, spettacolare protagonista della teatrale scenografia di piazza Navona. 


Era il 21 gennaio dell’anno 305 quando, in uno dei fornici dello stadio agonale di Domiziano, avveniva il martirio della giovanissima vergine cristiana Agnese: sottoposta a supplizi diversi da cui venne risparmiata per interventi provvidenziali, moriva infine per taglio della gola. Il suo corpo veniva sepolto nel cimitero sulla via Nomentana, là dove sarebbe sorta già in età costantiniana una basilica (poi riedificata in dimensioni ridotte da papa Onorio I nel VII secolo), ma sul luogo del supplizio si sviluppava presto la devozione che condusse alla creazione di un edificio di culto, attestato già nell’VIII secolo e ampliato agli inizi del XII con il Papa Callisto II. La chiesa medioevale, con facciata rivolta verso via dell’Anima, veniva quindi riedificata alla metà del secolo XVII quando, con il Pontificato di Innocenzo X Pamphilj, tutto il lato occidentale della piazza diveniva oggetto dell’ambizioso cantiere architettonico funzionale a celebrare la famiglia papale.  

Per l’occasione furono chiamati a confrontarsi – e a scontrarsi – i più grandi protagonisti della stagione barocca: Giacomo e Carlo Rainaldi, Francesco Borromini, Gian Lorenzo Bernini. Valorizzando anzitutto lo spazio di una cripta memoriale del martirio, prese così forma la nuova chiesa, con orientamento ribaltato ma con facciata leggermente arretrata rispetto all’adiacente Palazzo Pamphilj, sviluppata su una pianta a croce greca con braccio trasversale espanso, coronata da cupola e fiancheggiata da due campanili e il cui ottagono centrale interno è preziosamente arredato dagli altari dedicati alla Sacra Famiglia e San Giovanni Battista (il maggiore), ai Santi Agnese, Emerenziana, Cecilia, Alessio, Eustachio, Sebastiano (i laterali), e dal cenotafio di Innocenzo X (sopra il portale di accesso).

Sostenuta dai pennacchi affrescati da un prodigioso Giovan Battista Gaulli (il Baciccio) con le allegorie delle Virtù Cardinali, si innalza la cupola in cui, permeata dalla luce abbacinante che penetra dalle finestre del tamburo e da quelle del lanternino, il fedele può assistere alla Gloria di Sant’Agnese, presentata dalla Vergine a Cristo e a Dio Padre: impresa condotta, non senza difficoltà, dal cortonesco Ciro Ferri e conclusa dal suo allievo Sebastiano Corbellini.

 
Al termine dell’illustrazione, nella Sacrestia Borrominiana, il Rettore della Chiesa Sua Eccellenza Monsignor Paolo Schiavon ci ha accolto amabilmente ed ha sottolineato come la Santità di Agnese sia espressa nella frase riportata nella lapide posta nella cripta “ingressa Agnes hunc turpitudinis locum angelum domini praeparatum invenit” (“ingresso del luogo di turpitudini dove l’Angelo mandato da Dio intervenne a salvare Agnese”). Al termine del saluto il Delegato ha fatto omaggio al Rettore del calendario 2024 della Luogotenenza per l’Italia Centrale.


E’ stata successivamente declinata da Monsignor Silvano Rossi la meditazione sul tema “La testimonianza dei Martiri” richiamandone l’essenza attraverso le parole pronunziate dal Patriarca di Antiochia durante il Convegno Ecumenico del 2016, in cui lo stesso ha evidenziato come le sofferenze dei cristiani siano ad un tempo testimonianza e fonte di beatitudine. di tale meditazione si riporta una sintesi. 

Si calcola che nel mondo vi siano circa 350 milioni di martiri, perseguitati a causa della loro fede. Noi viviamo tranquilli in una società che rispetta le tradizioni, ma al contempo stiamo scivolando in un sonno della coscienza. Non dobbiamo aver paura di essere coerenti con la nostra fede, anche se questo ci può rendere martiri ogni giorno. Dalla coerenza con il Vangelo segue inevitabilmente la persecuzione e il martirio perché siamo chiamati a soffrire con Cristo.
Missione e martirio vanno di pari passo; la vita del credente può comprendere anche l’effusione del sangue, quantomeno in senso spirituale, con la persecuzione. L’origine del termine “martire” ha il significato di testimone e dunque, come discepoli, chiamati ad imitare il Maestro e a testimoniarlo, non possiamo escludere l’eventualità del martirio. Si parla, in questi termini, di martirio rosso per quello di sangue; di martirio bianco, per una scelta di vita ascetica; di martirio verde, quello dei missionari.
Anche oggi il martirio è necessario nel senso di camminare controcorrente per contrastare uno stile di vita fatto di mediocrità e falsità. Infatti, scegliere la Verità del Vangelo è difficile in questo tempo in cui prevale il pensiero debole, il pensiero liquido, specie sul tema della famiglia.
Il credente deve resistere al dogma dell’impossibilità nel raggiungimento della verità. I martiri sono coloro che attraverso la coerenza testimoniano, spesso a caro prezzo, la Verità. Nei martiri ogni vessazione aumenta il loro coraggio.  Dio non vuole credenti tiepidi; la Parola va comunicata nella sua integrità per essere efficace.
Gesù non scende mai a compromessi e solo Lui ha parole di vita. “Signore da chi andremo”? Eppure anche Pietro rinnega il Maestro, ma dal suo pentimento sorge la barca della Chiesa. Non dobbiamo dunque cedere alla paura e alla tristezza che sono i veri peccati. Siamo legati a Cristo dalla sua Passione e dobbiamo offrire le nostre fatiche e sofferenze, legandole a quelle di Gesù.
Sforziamoci di vivere facendo scelte coerenti; la nostra salvezza dipende da questo. Onorare i martiri non significa sminuirne l’amore per la vita ma vivere pienamente senza temere nulla. 

 
Al termine della meditazione è stata presieduta da Monsignor Silvano Rossi la Santa Messa concelebrata da Monsignor Adriano Paccanelli e da Monsignor Pietro Bongiovanni. Nell’omelia il Priore della Delegazione ha ricordato le vittime di tutte le guerre invitando a pregare per la pace che solo Cristo può dare. 

 
La giornata si è conclusa in una vicina storica trattoria dove, nel consueto clima di particolare allegria ed amicizia, si è svolta la conviviale conclusasi con il graditissimo “rito”, il primo di quest’anno, della firma da parte dei partecipanti del calendario 2024 della Luogotenenza per l’Italia Centrale.

Nella giornata di sabato 15 aprile 2023 si è svolto il terzo incontro dell’anno delle Delegazioni Locali Roma San Giovanni e Roma San Marco che, nello spirito di condivisione e fraterna amicizia che anima le Consorelle e i Confratelli dell’Ordine, è consistito in un pellegrinaggio congiunto, sulle orme di San Benedetto, presso i suggestivi monasteri benedettini di Subiaco.  

L’incontro, organizzato dai Delegati Dama di Commenda con Placca Daniela Forniti e Grand’Ufficiale Marco Maria Frontoni, in armonia con i Priori delle Delegazioni Locali Commendatore Padre Pierre Paul O.M.V. e Commendatore Monsignor Silvano Rossi, ha visto una folta presenza di Cavalieri e Dame – tra i quali il Cancelliere della Luogotenenza per l’Italia Centrale, Grand’Ufficiale Stefano Petrillo, ed il Preside della Sezione Roma, Cavaliere di Gran Croce Lorenzo de Notaristefani – assieme ad Aspiranti ed Amici desiderosi di trascorrere una giornata, in clima di spiritualità e fraternità, nelle coinvolgenti atmosfere del Monastero di Santa Scolastica e del Monastero del Sacro Speco di San Benedetto.

Al loro arrivo, le Dame e i Cavalieri sono stati accolti da S.E.R. Dom Mauro Meacci O.S.B., Abate Ordinario di Subiaco, il quale ha prima illustrato la storia della presenza benedettina nella valle dell’Aniene e, successivamente, ha presieduto la Santa Messa.

Il Padre Abate, a conclusione dell’omelia inerente al Vangelo di Marco [16,9-15] proclamato durante la Santa Messa, ha augurato ad ognuno dei presenti che la celebrazione dell’Eucarestia, ossia la presenza di Gesù in mezzo a noi, sia ogniqualvolta una ricarica di energia spirituale che faccia comprendere ancor meglio il senso della dichiarazione di fede “Gesù vero Dio e vero uomo” e, di conseguenza, sia guida nella preghiera reciproca e nell’impegno per i giorni futuri.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, le Dame e i Cavalieri, guidati da Dom Mariano Grosso, hanno visitato il Monastero di Santa Scolastica, il solo dei dodici monasteri voluti da San Benedetto che è sopravvissuto ai terremoti e alle distruzioni saracene ed unica presenza monastica a Subiaco fino alla fine del XII secolo.

Il complesso di edifici è caratterizzato da tre chiostri di epoche diverse: un chiostro rinascimentale del XVI secolo, un chiostro gotico del XIV secolo e un chiostro cosmatesco del XIII secolo. Completano il complesso il campanile del XII secolo e la chiesa attuale, del 1700, ultima di ben cinque chiese stratificatesi lungo i secoli.

Nel 1465 due chierici tedeschi, Pannartz e Sweynheym, impiantarono nel complesso monastico la prima tipografia italiana, arricchendo in tal modo la biblioteca già esistente di incunaboli e di libri di grande valore. 

Al termine della visita al Monastero di Santa Scolastica ci si è ritrovati nella Foresteria per l’incontro conviviale vissuto, come consueto, in un clima di serena fratellanza ed allegria. Nel pomeriggio le Dame e i Cavalieri hanno raggiunto il Monastero del Sacro Speco di San Benedetto. Ad accoglierli Dom Maurizio Vivera, Priore del Monastero, e Cecilia Trombetta, Cancelliere dell’Abbazia territoriale di Subiaco, la quale, grazie alle sue descrizioni straordinariamente dettagliate ed avvincenti, ha guidato il gruppo attraverso gli emozionanti ambienti del Monastero che si compone di due chiese sovrapposte e di molteplici cappelline che seguono l’andamento della parete di roccia a cui la struttura è addossata.

In particolare, la chiesa inferiore custodisce la grotta in cui San Benedetto trascorse i suoi tre anni di vita eremitica e rappresenta il cuore spirituale del Monastero. I cicli pittorici, del XIII e XIV secolo, sviluppano i temi della Passione di Cristo, della vita della Madonna e della vita di San Benedetto. Tra tutti risalta il più antico ritratto esistente di San Francesco di Assisi che raggiunse Subiaco nel 1223 al seguito del Cardinale Ugolino futuro Papa Gregorio IX. 

Nel tardo pomeriggio il gruppo ha fatto rientro a Roma dopo aver trascorso una giornata caratterizzata da un evidente e tangibile spirito di fratellanza.